Cara
lettrice, caro lettore, non desidero farti perdere tempo a leggere lunghe
biografie spesso prive di significato.
Queste
Raccolte sono state scritte a partire dal 1975.
Ne troverai
di semplici e di complesse, ma tutte racchiudono emozioni e sentimenti veri.
Potranno piacerti oppure no, ma sono state scritte con il cuore. Anche se
solamente una scalfirà la tua anima avrò raggiunto il mio obiettivo.
Desidero
inoltre ringraziare Sofia Ghezzi per la splendida copertina e tutte le persone
che mi hanno sostenuto in questi anni.
La
stesura di questa prefazione può apparire, per chi mi conosce, stonata.
Io
mi occupo infatti di salute e di ambiente, soprattutto nell’aspetto
strettamente legato alla salute stessa.
Amo
però molto leggere e amo anche la poesia, ma non essendone un cultore apprezzo
solo in parte questa nobile arte. Sono le sensazioni suscitate dallo scritto
che agiscono e il mio pensiero non è minimamente sfiorato dall’analisi
“tecnica” dell’opera.
Più
che stonata sarà perciò una prefazione da non addetto ai lavori.
Nella
mia esistenza ho imparato, dal mondo reale non dalle teorie, che psiche e soma
sono intimamente connesse, e solo in minima parte comprese.
L’alterazione
dello stato di salute che chiamiamo malattia raramente si risolve in un unico
aspetto, molto più spesso, e praticamente sempre nelle patologie croniche, è il
risultato di un processo che comprende mondo organico e mondo psico-emozionale.
Gli
antichi romani parlavano di colui che guarda all’interno e all’esterno, nel
passato e nel futuro; era Giano, e un suo epiteto era Divum Deus (Dio degli Dei).
Le
emozioni, i sentimenti, i semplici pensieri sono il vero motore dell’essere
umano, almeno secondo la mia esperienza.
La
società che l’uomo ha costruito e costruisce ogni giorno tende però sempre in
maniera più accentuata ad allontanare questo mondo immateriale, concentrandosi
su quello materiale fino ad assumere l’aggettivo concreto quale virtuoso simbolo di efficacia ed efficienza.
Quale
errore più marchiano si potrebbe fare?
In
questa ottica tutto quello che parla a Giano immateriale è visto effimero nel migliore dei casi
e inutile nel peggiore. Meditazione, fantasia, lettura, ascolto dei suoni della
natura o di una canzone sono perdite di tempo. Tempo che deve essere produttivo
e solido, concreto appunto. Generare
frutti visibili e palpabili.
Non
parliamo quindi della poesia, arte che inutile lo è sempre stata,
un’accozzaglia di parole e frasi che in più a scuola qualcuno ti obbligava e
obbliga ad imparare a memoria.
In
quell’accozzaglia di parole e frasi vi è però un sentimento, difficile da
riprodurre, solo in parte percepibile, ma dalla potenza inaudita. Potenza non
solo immateriale, ma come tutti noi sappiamo molto concreta.
Gli
anni ci mettono di fronte a terribili esperienze, a stati d’animo sconquassanti
e a delusioni cocenti. D’altro canto ci donano gioie irriproducibili e attimi
di felicità che possono illuminare l’antro più oscuro.
L’uomo
cerca da quando è su questo pianeta di condividere con la sua specie tali
sensazioni, dalle pitture rupestri in poi siamo sommersi da una schiera di voci
invisibili che ci parlano attraverso dipinti, scritti e musiche. Il loro coro è
volto al nostro Giano immateriale e invita ad una sola cosa: renderci
consapevoli della vita e della gioia (e sofferenza) di vivere.
Rinunciare
od allontanare questa realtà è come vivere una vita a metà, e come sappiamo
metà non è un intero e, tautologicamente, non è completezza.
Quindi
il mio augurio è che queste poesie possano essere un aiuto, una fiammella di
meditazione, di speranza per ognuno di noi. Perché qualcuno una volta disse: ”non di solo pane vivrà l’uomo”.
Paolo
Alberto Marotta
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